L’ansia è un riflesso dell’ intelligenza?
L’ansia è sicuramente uno dei mali di questo secolo. Un male che molto spesso sottovalutiamo ma che silenziosamente si insinua in ognuno di noi già dalla più tenera età e ci logora lentamente. Secondo le stime nel Mondo quasi 300 milioni di persone soffrono di questo disturbo.
Ma conosciamo veramente l’ansia? Vari studi ci aiutano a capirne qualcosa di più.
Ad esempio, esiste una correlazione molto specifica tra ansia e intelligenza. Chi ha un quoziente intelletivo maggiore è molto più soggetto a soffrire di ansia.
Quante volte relazionandosi con persone che non reputiamo delle cime, abbiamo notato una spensieratezza intrinseca che non ci appartiene? Quante volte, magari un po’ altezzosamente, abbiamo detto tra noi: “beato te che non capisci nulla”? Il modo di dire “beata ignoranza” non è del tutto campato in aria.
Infatti chi affronta la vita in maniera più leggera, più spensierata, vive un’esistenza molto più serena e lontana da preoccupazioni e angosce.
In che modo l’ansia è un riflesso dell’intelligenza? Sono davvero collegate?
Uno studio della Lakehead University, in Canada, dimostra che gli studenti con Q.I. maggiore sono molto più soggetti ad ansia. Ma non è l’unico studio del suo genere.
Alcuni psicologi israeliani hanno condotto un’esperimento dividendo due gruppi di studenti in base al loro Q.I. e sottoponendoli ad una prova. Dovevano analizzare un’opera d’arte da un pc, ma così facendo azionavano un virus. Era compito loro occuparsi di risolvere il problema trovando l’assistenza necessaria, ma in questo percorso incontravano 4 imprevisti.
E sapete qual è stato l’esito del test? Gli studenti col Q.I. più alto durante la prova avevano manifestato un’ansia maggiore.
Quindi anche la scienza sembra confermare ciò che non è difficile da intuire. Essere più ingenui e inconsapevoli porta ad ignorare l’ansia di affrontare una vita piena di difficoltà e problematiche.
Ci sorge dunque spontanea una domanda: meglio essere intelligenti e vittime di ansia oppure ignoranti e vivere meglio? Ai posteri l’ardua sentenza.