«Mi chiamo Chiara, ho 19 anni, e soffro di disturbo della personalità borderline. Mi chiamano pazza, malata, depressa di merda, mi trattano come se fossi contagiosa. La gente pensa che la malattia mentale sia qualcosa da cui allontanarsi, di cui avere paura».
Chiara è una ragazza come tante, vive a Viterbo, ha 19 anni e frequente l’ultimo anno al liceo di scienze umane. Il suo sogno da grande è quello di fare il medico per aiutare il prossimo. Una ragazza come tante sue coetanee, dicevamo.
Ma da qualche anno qualcosa nella sua vita è cambiato. Chiara racconta: «Sono sempre stata una bambina tranquilla fino a 13 anni, quando iniziai a tagliarmi e a provocarmi delle bruciature. Cominciarono a prendermi in giro, nessuno voleva stare più con me, fui vittima di bullismo a scuola. Mi insultavano su Facebook, in classe, così smisi anche di mangiare: “Sarete contenti ora”, pensavo. Invece stavo lentamente morendo».
Chiara infatti soffre di un disturbo chiamato borderline.
Si tratta di un disturbo della personalità caratterizzato da instabilità delle relazioni interpersonali e dell’umore e da una marcata impulsività e difficoltà ad organizzare in modo coerente i propri pensieri. In pratica chi ne soffre, vive in un turbinio di emozioni, dove un secondo sei la persona più felice sulla terra, un’attimo dopo sei arrabbiato col mondo intero.
Ma Chiara ha deciso di reagire dando un calcio al suo disturbo e a tutte le persone che in questi anni lo hanno reso ancora più insopportabile. E lo ha fatto come farebbe probabilmente qualsiasi ragazza della sua età, con un video pubblicato su Youtube. Un video di condanna, dove la ragazza racconta tutte le difficoltà e le avversità che ha dovuto affrontare solo per essere un soggetto borderline: “la malattia mentale non è uno stigma.”
Chiara venne ricoverata e le diagnosticano il disturbo della personalità borderline. Gli assistenti sociali decidono di allontanarla dai suo genitori, così si ritrova in una casa famiglia. Ma ben presto viene allontanata anche da qui perché “instabile emotivamente”.
“Non ce la facevo più, mi sentivo sola al mondo, provai a suicidarmi e da lì furono un susseguirsi di ricoveri. Tutto questo in silenzio. Perché questo vive una persona con una malattia mentale: il silenzio. Se avessi una malattia fisica sarei più forte, ma con una malattia mentale sono un’emarginata, una debole, una pazza.”
Fortunatamente oggi Chiara ha reagito. E’ tornata a casa dalla sua famiglia emotivamente più forte. Non si vergogna più del suo disturbo e vuole aiutare i ragazzi che soffrono i suoi stessi disagi. Perché come dice lei “la solitudine e l’indifferenza uccidono lentamente”.